Ministero peri beni e le attività Culturali        

Soprintendenza Archivistica per la Campania

Soprintendenza per i beni Architettonici e Ambientali di Napoli

 Regione Campania

Settore  Musei e Biblioteche

 

1799

Il sogno di una patria europea:

politica e costume

 

Napoli, palazzo Reale, Sala d'Ercole

13 marzo - 16 aprile 2000

La presente pubblicazione è stata realizzata con il contributo della Regione Campania - Settore Musei e Biblioteche

 

Coordinamento generale

Giulio Raimondi

Coordinamento

Michelina Sessa

Allestimento e ricerca iconografica

Diodato Colonnesi

Grafica

Gianluca Tramontano

 

Con il patrocinio del

COMITATO NAZIONALE PER LE CELEBRAZIONI  DEL SECONDO CENTENARIO DELLA REPUBBLICA NAPOLETANA DEL 1799

 

Con il contributo di

Banco di Napoli Spa  (logo)

Alois(logo)

Antica Manifattura Ceramica Fratelli Stingo

Mario Di Domenico

INA Assitalia(logo)

Serpone al Duomo(logo)

SPHRAGIS srl di Bruno Becchetti - Roma(logo)

 

Si ringraziano

ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI

ISTITUTO BANCO DI NAPOLI

LUIGI CARRANO

FRANCESCO COLONNESI

FRANCESCO LEMBO

LUCIO SCHISANO

  

Prefazione: Giuseppe Zampino

  

1799

Il sogno di una patria europea:

politica e costume

 

Giulio Raimondi

  Uno dei messaggi, che la Rivoluzione francese, dopo Valmy  ed i successi militari sugli eserciti della prima coalizione, volle far diffondere in tutta Europa, fu basato sulla liberazione dei popoli d’Europa, grazie alle armi francesi dal giogo dei “tiranni”, dei sovrani assolutistici.

Messaggio che ebbe gran diffusione principalmente fra le popolazioni delle regioni sotto il dominio di sovrani stranieri, scarsa diffusione fra le popolazioni con proprie dinastie.

 Messaggio che ebbe comunque ampia diffusione fra gli intellettuali, le persone colte che vedevano così, come gli europei della seconda metà del secolo XX, come solo una patria comune può e potrà evitare le guerre e le distruzioni che hanno insanguinato l’Europa dal 1914 al 1945.

Il messaggio, oltre a ricordare i mille anni del sacro romano impero di Carlo Magno, definitivamente soppresso pochi anni dopo, si basava anche sulla recentissima esperienza americana di unione di stati indipendenti

 I diritti dell’uomo e del cittadino affermati nelle costituzioni francesi furono oggetto di studio e naturalmente anche la Repubblica Napoletana li accolse nella sua costituzione.

Ma in concreto e principalmente  la Francia accolse gli esuli delle varie nazioni, e fra essi anche i napoletani, mandati in esilio o fuggiti per evitare le persecuzioni. Anche per questo aspetto i napoletani “giacobini” dovettero  ricorrere all’ospitalità francese sia nel 1794 che, soprattutto, nel 1799.

Nell’ambito delle manifestazioni e delle pubblicazioni che il Comitato  Nazionale per le Celebrazioni del bicentenario della Repubblica Napoletana del 1799 ha patrocinato numerosi sono gli aspetti inediti, i documenti, le testimonianze che rendono più chiari tanti passaggi della nostra storia.

Sono state soprattutto resi evidenti i comportamenti dell’esercito francese più da occupante del Regno borbonico che da alleato della Repubblica, negli aspetti concreti della vita quotidiana della città. Ma ciò nonostante, nonostante gli articoli di Eleonora Fonseca sul Monitore, nonostante i veri e propri ”prelievi” effettuati sul  conto della Repubblica dagli amministratori francesi, resta sempre il sogno di vedere a Napoli un governo repubblicano liberamente eletto, fratello delle altre repubbliche (romana, cisalpina, ligure) istituite in Italia.

Sogno espresso da Eleonora  fin nelle prime righe del primo numero del Monitore, dalla data “anno VII della libertà e I della repubblica napoletana“. Sogno                annunciato “anche Napoli è libera”, i napoletani possono annunciarlo alla  Repubblica Madre come suoi degni figlioli  ed “ai  popoli liberi  d’Italia e d’Europa, come loro degni confratelli”.

E’ questo sogno che sosterrà i condannati a morte che nelle loro “Lettere”, raccolte da Titti Marrone, esprimono  “la più alta valenza politica e morale” dei “patriotti” napoletani.

E’ questo  il sogno di libertà  ed uguaglianza che sosterrà i tanti esuli in Francia, medici come Francesco Lomonaco, avvocati come Vincenzo Sansone.

La Soprintendenza Archivistica per la Campania ha quindi colto con piacere  ed interesse l’occasione, offerta dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Napoli, di presentare, a chiusura della mostra itinerante allestita con la Regione Campania e grazie al contributo dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e del Comitato Nazionale, documenti e testimonianze di uno dei temi più importanti del breve, tormentato, ma decisivo periodo della Repubblica Napoletana.

Con piacere perché così, dopo le tappe nelle città campane, anche i napoletani potranno avere l’occasione di vedere  tanti aspetti ignoti o poco noti di quel periodo.

Con interesse, spero, perché l’occasione offerta dello studio di quei lontani avvenimenti, possono servire, anche oggi, per la costruzione di una patria europea vera, basata sulla libertà e l’uguaglianza, ma anche e soprattutto sulla cultura comune, sulla fratellanza, sulla collaborazione e l’aiuto reciproco.


Una Capitale e la Rivoluzione: Napoli nel 1799

 

Umberto Mendia

La rivoluzione del 1789, partorita dall’ideologia illuministica, propagò nell’Europa delle Nazioni l’utopia di una comune patria dei popoli.

Napoli, tra le capitali d’Europa, fu tra le più sollecitate a recepire tale messaggio. I primi patrioti napoletani che, sin dal 1794, presero a cospirare contro la monarchia borbonica si erano nutriti dei valori propagandati dalla rivoluzione di Francia.

Ma Napoli rappresentava, altresì, per molti esuli realisti francesi un approdo sicuro, tra le tante capitali dell’ancien régime, finché saldamente il trono restò in mano ai Borbone. Quando, agli inizi del 1799, anche per questi ultimi gli eventi precipitarono, costringendoli a fuggire dal Regno, Napoli fu occupata dall’armata di Francia di Championnet, che favorì la proclamazione della Repubblica Napoletana.

La Repubblica rappresentò una breve e pur intensissima stagione di storia politica e civile, nel corso della quale il sogno di una Europa composta di “repubbliche sorelle” sembrò tramutarsi in realtà.

Il risveglio da tale sogno fu brusco: la caduta della giovane Repubblica e l’eccidio di tutta o quasi una generazione di giovani illuminati aprì una ferita profonda nella vita del regno, difficilmente destinata a rimarginarsi.

Per i sopravvissuti, però, intervenne almeno la speranza di un asilo protetto offerto dalla Repubblica Francese. E così i destini stavolta si invertirono: furono le porte di Parigi e di altre città transalpine ad aprirsi per accogliere molti esuli napoletani.  

L’esilio dei realisti francesi, l’arrivo a Napoli dell’armata di Championnet, la proclamazione della Repubblica, l’insinuarsi nel quotidiano cittadino di fermenti e di mode venute d’oltralpe, le figure generose dei patrioti napoletani  e delle grandi donne della rivoluzione, tutto ciò, come in un diario minimo, si legge nelle carte dell’Archivio Storico del Banco di Napoli, il più imponente degli archivi economici del  mondo.

I documenti esposti sono titoli di banca, fedi di credito e polizze, recanti le causali dei pagamenti, emesse dagli antichi banchi pubblici napoletani, progenitori  del Banco di Napoli.

Tali carte, uniche ad essere state preservate dalla distruzione sistematica operata dai Borbone di tutto quanto fu prodotto dalla Repubblica Napoletana, riservano una testimonianza, talora minuta, di storia di Napoli e del Mezzogiorno d’Italia, altrimenti destinata all’oblio

 

   

 

Archivio Storico del Banco di Napoli

Documenti[1]

 

Banco di S. Giacomo. Polizza di 46 ducati emessa, nel dicembre 1798, da Giuseppe Zurlo a favore dell'Emigrato Francese Brigadiere Paolo Emanuele de Grasset, di cui ducati 40 per il suo assegno mensile e ducati 6 per spese relative all'educazione della sua figliola.

Banco del Salvatore. Archivio Patrimoniale. L'ufficiale del Banco del Salvatore, Francesco D'Amico, comunica di aver subito il saccheggio di tutti i suoi averi a seguito dei violenti disordini verificatisi a Porta Capuana, sede della sua abitazione, il dì 21 gennaio 1799, e di essersi salvato solo grazie all'ingresso in città dell'Armata Francese, il dì seguente, 22 gennaio.

Banco di S. Giacomo. Polizza di 550 ducati e 45 grana emessa nel febbraio 1799 da Raffaele Giordano a favore del duca di Corigliano per valuta al 54 e mezzo  di lire 1.500 tornesi dati a cambio per Parigi.

Banco di S. Giacomo. Polizza di 28 ducati emessa, il 26 aprile 1799, da Domenico Venuti a favore del cittadino Giovanni Schettino per una "regalia" una tantum elargitagli dalla Repubblica Francese, a seguito della sua sospensione dall'attività di modellatore nella Real Fabbrica della Porcellana.  

Banco di S. Giacomo. Polizza di 15 ducati emessa, il 29 marzo 1799, da Flavio Pirelli a favore del cittadino Giorgio Lisa, aiutante del Segretario della Commissione dei 12 per il prestito forzoso di due milioni e mezzo di ducati da farsi all'Armata Francese. E detti ducati si pagano per il soldo del detto Lisa.

Banco dei Poveri. Archivio patrimoniale. Dispaccio, del 15 febbraio 1799, del cittadino Perrosier,  Agente Superiore della Repubblica francese, indirizzato a tutto il personale del Banco di  S. Giacomo perché si provveda ad approntare un bilancio del denaro depositato a nome dell'Ordine Costantiniano e a farne fede di credito da lui sottoscritta.

Banco di S. Giacomo. Fede di credito di 50 ducati rilasciata, il 4 aprile 1799, al cittadino Gennaro Serra.

Banco di S. Giacomo. Fede di credito di 35 ducati rilasciata, il 1° aprile 1799, a favore del cittadino Mario Pagano.

Banco di S. Giacomo. Polizza di 100 ducati emessa, il 3 pratile (22 maggio) 1799, da Antonio Piatti, Commissario della Tesoreria Nazionale, a favore del cittadino rappresentante Mario Pagano.

Banco di S. Giacomo. Polizza di 25 ducati emessa, il 22 fiorile (11 maggio 1799), a favore di Giuseppe Maria Galanti, per l'assegno mensile di pensione accordatogli dal Governo provvisorio.

Banco di S. Giacomo. Polizza di 20 ducati emessa, nell'aprile 1799, dal cittadino Giuseppe Carignani a favore del cittadino Antonio Rispo e cioè 8 ducati, a saldo di 15 ducati, per il pennacchio a tre colori per il letto del Generale in Capo dell'Armata Francese oltre che per l'accomodatura, tintura, e rifusa di penne, secondo la nota del cittadino Antonio De Simone, e 12 ducati per l'aggio al 60 per cento sui suddetti 8 ducati.

Banco di S. Giacomo. Polizza di 50 ducati emessa, il 16 aprile 1799, dal cittadino Giuseppe Carignani a favore del mastro ferraro cittadino Aniello Attardi e cioè 20 ducati, a saldo di 44 ducati e 36 grana, per un lettino di ferro fatto per il Generale in Capo dell'Armata Francese secondo la nota dell'architetto cittadino Antonio de Simone, compreso l'aggio al 60 per cento sui suddetti 20 ducati.

Banco di S. Giacomo. Polizza di 4 ducati e 48 grana emessa, nel febbraio 1799, da Michele Maresca, tesoriere, a favore di Eleonora Fonseca Pimentel.

Banco di S. Giacomo. Polizza di 16 ducati e 12 grana emessa, nel fiorile (aprile-maggio) 1799, dal Tesoriere Michele Maresca a favore della cittadina Francesca Alcubierre.

Banco di S. Giacomo. Polizza di 10 ducati e 20 grana emessa, nel fiorile (aprile-maggio) 1799, dal Tesoriere Michele Maresca a favore della cittadina Teresa Macdonald.

   

 

 

Il mito delle "repubbliche sorelle" e la controrivoluzione in una provincia del regno

 

Michela Sessa

 

L'esistenza delle collezioni private Carrano, straordinaria raccolta che al tempo stesso riunisce in sé documenti di varia natura (archivistica, bibliografica, artistica) consente di analizzare in un ambito solo all'apparenza 'provinciale' - il Vallo di Diano - gli effetti della diffusione dei miti rivoluzionari. 

Sull'onda delle notizie che arrivano dalla Capitale, anche nel Vallo di Diano, come ad esempio a San Rufo, i cittadini decidono di "accettare lo Stato Democratico e di essere tutti attaccati alla Repubblica", creando municipalità repubblicane, inneggiando all'avvento  della "sospirata epoca della Libertà" e alla fine della tirannia dei Borbone. Ma mentre la municipalità invia una deputazione a Napoli a prendere ordini dal governo repubblicano, un gruppo di 'gentiluomini' si premura di redigere dinanzi ad un notaio un documento nel quale attestano pubblicamente la loro fedeltà alla monarchia borbonica, impegnandosi a combattere le idee rivoluzionarie introdotte dall'Armata di Francia portatrice del "nefando Sistema Francese" e della "pretesa Democrazia, col rovescio della Sacrosanta Religione, e del Regal Trono, e di tutto l'Ordine".

E' ben evidente che la battaglia "ideale" rivestiva antichi conflitti, dinamiche locali, faide secolari, ma è pur vero che le vicende del 1799 rappresentarono una sorta di aratro, capace di smuovere le zolle fin nel più remoto angolo del regno per seminare le 'nuove idee di libertà ed eguaglianza', costituendo per gli anni a venire il ricordo di un periodo straordinario, tremendo ed al tempo stesso fecondo.

L'attività controrivoluzionaria vide i  Carrano protagonisti, soprattutto nel ruolo di registi occulti delle operazioni militari ed a questo riguardo nell'archivio sono custoditi documenti di straordinario interesse: la  lettera del cardinale Fabrizio Ruffo che invita i cittadini di Diano a porsi  "sollecitamente tutti in armi, come si è ordinato, per difendere il proprio Paese, e le proprie vite, né aspettino che li nemici avanzino, ma vadino a respingerli ed a seminarli"  o il dispaccio con il quale Ferdinando IV mette in libertà i capi dell'armata sanfedista  carcerati e vuole altresì che contro il "Colonnello D. Michele Pezza (alias Fra' Diavolo) e D. Gerardo Curcio Sciarpa, e contro D. Giovan Battista Rodio, ed altro Capo massa, quali si trovassero sotto inquisizione, non si proceda ulteriormente", assicurando l'impunità a quanti, pur a costo di delitti, gli avevano consentito la riconquista del regno.

Ma la principale cura dei Carrano fu di interpretare il ruolo di 'normalizzatori', assicurando le popolazioni che la tempesta, l'anarchia era passata e l'ordine regnava in ogni luogo.

In realtà il trauma degli eventi rivoluzionari aveva convinto i  realisti della necessità di tenere alto il livello di vigilanza anche dopo lo spegnimento del più piccolo focolaio rivoluzionario: documento significativo, 18 mesi dopo la riconquista del regno, l'invito del sovrano ad organizzare la formazione di bande armate.  

 

Archivio privato Carrano

Documenti*

 

Adesione dei cittadini di San Rufo alla Repubblica Napoletana

16 febbraio 1799

A San Rufo, casale di Diano, a metà febbraio 1799, i cittadini scendono in piazza e, dopo aver ascoltato un discorso tenuto da Giovanni Pellegrino, inneggiante all'avvento  della "sospirata epoca della Libertà" e alla fine della tirannia dei Borbone, decidono di "accettare lo Stato Democratico e di essere tutti attaccati alla Repubblica", e inviano una deputazione di due cittadini (il sacerdote Cono Capuozzolo e Leonardo Palladino) a Napoli per prendere ordini dal governo repubblicano.

 

Dichiarazione dei realisti di Diano

5 febbraio 1799

Agli inizi del febbraio 1799, un gruppo di realisti di Diano fa redigere dal notaio Paolo Matera un documento nel quale attestano pubblicamente la loro fedeltà alla monarchia borbonica, esecrando l'esercito francese che ha invaso il Regno " per introdurci il nefando Sistema Francese e la pretesa Democrazia, col rovescio della Sacrosanta Religione, e del Regal Trono, e di tutto l'Ordine".

 

Lettera del cardinale Ruffo al Governatore di Diano

7 maggio 1799

Da Matera il Cardinale Ruffo scrive al Governatore di Diano, avvertendolo  che alcuni giacobini di Polla hanno sollecitato i giacobini di Napoli a venire nel Vallo di Diano  "ad oggetto di fare una sanguinosa vendetta sul partito realista"; pertanto i cittadini di Diano "si pongano sollecitamente tutti in armi, come si è ordinato, per difendere il proprio Paese, e le proprie vite, né aspettino che li nemici avanzino, ma vadino a respingerli ed a seminarli, mentre Io verrò in loro aiuto con la maggiore sollecitudine possibile".

 

Impunità per i Capi dell'armata Cristiana

Ferdinando IV, con un dispaccio regio comunicato dal Capitano generale Acton, ordina che si ponga in libertà qualsiasi capo massa che si trovasse carcerato e vuole altresì che contro il "Colonnello D. Michele Pezza (alias Fra' Diavolo) e D. Gerardo Curcio Sciarpa, e contro D. Giovan Battista Rodio, ed altro Capo massa, quali si trovassero sotto inquisizione, non si proceda ulteriormente".

 

Il ritorno alla normalità ed all'ordine

Ferdinando IV, con la prammatica del 12 settembre 1799, emana disposizioni affinché nessuno osi saccheggiare le case dei rei di Stato, eseguire arresti non autorizzati di persone, "insultare qualsiasi privato coll'infame nome di Giacobino", portare armi vietate dalle Regie Prammatiche.

 

La fine dell'emergenza

Ferdinando IV abolisce la Giunta per i delitti di Stato e nello stesso tempo concede l'indulto ai rei di Stato, ordinando la scarcerazione di tutti coloro che si trovassero rinchiusi nelle carceri per tale reato.

 

Truppe irregolari per la vigilanza controrivoluzionaria

1 dicembre 1800

Avendo sua maestà Ferdinando IV ordinato la formazione di masse armate in tutto il Regno, si danno istruzioni ad un capo massa della Provincia di Salerno affinché si rechi in diversi luoghi - Serre, Postiglione, Controne, Castelluccia (oggi Castelcivita), Oliveto, Valva, Buccino, Sicignano - per organizzare la formazione di bande armate.

 



[1] Cfr. 2 piovoso -25 pratile. La Repubblica Napoletana tra bagliori rivoluzionari e riflussi quotidiani. Napoli, Luciano Editore, 1999

* Cfr. Per una storia non scritta: il 1799 nel Vallo di Diano. Documenti inediti e di cultura materiale. Guida alla mostra Padula - Certosa (30 ottobre-27 novembre 1999). Napoli, Luciano editore, 1999. I regesti sono stati curati dal prof. A.Didier.